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Antonio Vivaldi |
Rappresentata in
occasione dell'apertura del Teatro Filarmonico di Verona, avvenuta il 6 gennaio 1732, l'allestimento fu
curato da Francesco Galli Bibiena.
Il libretto de La fida ninfa era stato stampato, a cura di Giulio Cesare Becelli, assieme ad opere
teatrali di Scipione Maffei, fra cui la Merope, nel 1730.
Questo è un dei lavori della maturità di Vivaldi. Il rischio di monotonia che genera la sequenza di arie e recitativi è sapientemente interrotto con l'inserzione di due duetti, un trio, un quartetto, un quintetto e un sestetto. A Vivaldi fu commissionata l'opera nel 1729. Fini il suo lavoro l'anno successivo, ma la rappresentazione de La fida Ninfa, con cui si doveva inaugurare il Teatro Filarmonico, fu posticipata. Dalle cronache del tempo si può capire il perché: grandi concentrazioni di truppe tedesche erano allora ai confini della Repubblica e gli ufficiali di questi eserciti avevano richiesto l'autorizzazione per andare a Verona per assistere alla prima rappresentazione dell'opera. Ma i dirigenti veneziani erano preoccupati di mostrare loro le debolezze difensive della Repubblica. Vivaldi e Maffei, l'autore del libretto, che aveva finanziato e si era speso per l'organizzazione dell'opera con un importo di 20.000 ducati - somma davvero eccezionale all'epoca - dovettero aspettare il 1732 per vedere messo in scena il loro lavoro. Il melodramma fu poi allestito dalla Corte Imperiale di Vienna nel 1737, in una rappresentazione data sotto il titolo Il Giorno felice. Fu in seguito dimenticato e non più rappresentato fino al 1958 al Théâtre desChamps Elysées a Parigi. L'opera è raramente presente in cartellone.
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Scipione Maffei |
Atto I
Oralto, comandante pirata e signore di Nasso, rapisce
un pastore, Narete, e le sue due figlie, Licori e Elpina. Licori era sposa di
Osmino, che era stato anche lui rapito da soldati traci. Osmino, ora chiamato
Morasto, diventa tenente di Oralto, ma nessuno lo riconosce. Il giovane è
angosciato quando scopre che altri suoi compatrioti sono stati ridotti in
schiavitù. Il fratello di Osmino, Tirsi, vive anch'egli nell'isola. I suoi
genitori gli avevano dato il nome di Osmino in memoria del fratello creduto
morto. Si innamora quindi di Licori. Ma per attirarne l'attenzione e renderla
gelosa, seduce sua sorella. Licori piace anche ad Oralto che chiede aiuto a
Osmino/Morasto per aiutarlo a ottenere la ragazza. Nel frattempo, il vecchio
Narete trova scolpito su un albero i nomi di Osmino e Licori.
Atto II
Licori crede di aver riconosciuto in Tirsi/Osmino la
persona a cui era destinata. Narete, tuttavia, tenta di negoziare con Oralto la
redenzione di tutta la famiglia con un pagamento enorme al fine di ritornare in
patria. Ma Oralto, irritato dal disprezzo di Licori, vuole venderli come
schiavi del sultano. Osmino/Morasto comincia la corte a Licori. Scopre tutta la
verità, ma teme di rivelare il segreto. Tirsi/Osmino dichiara apertamente i
suoi sentimenti per Licori. Elpina, profondamente ferita, accusa Tirsi/Osmino
di abusare della sua fedeltà. Narete, che realizza le intenzioni di Oralto,
chiede l'aiuto di Osmino/Morasto, il quale accetta di aiutarli.
Atto III
Oralto minaccia Licori di vendere il suo schiavo e la
sua famiglia se non acconsente a sposarla. Licori pensa al suicidio e fugge.
Nella sua corsa, inciampa e cade in un fiume. Narete trova un velo e lo mostra
ad Oralto come prova dell'annegamento della figlia. Il tiranno si assenta e dà
il comando della dell'isola a Osmino/Morasto. Questo gli permette di rivelare
la sua vera identità: è lui il vero Osmino. Licori, non affogata e fedele ai
suoi voti, rinnova le sue promesse d'amore al primo fidanzato. Sono quindi
volte le vele a Sciro, quando una terribile tempesta li sorprende in mare. Per
fortuna Giunone piena di compassione per le miserie e l'amore indistruttibile
di due giovani provati dalla sorte per lungo tempo, chiede a Eolo, il dio del
vento, che calmi il mare.
Personaggi
I personaggi dell’opera sono:
· Licori, ninfa di
Sciro (soprano)
· Morasto (soprano/ castrato)
· Elpina, ninfa di Sciro (contralto)
· Narete, pastor di Sciro, padre di Licori e d'Elpina (tenore)
· Osmino (contralto/ castrato)
· Oralto, corsaro e signor di Nasso, isola dell'Egeo (basso)
· Giunone (contralto)
· Eolo (basso)
· Accompagnamenti e comparse:
di Corsari con Oralto.
di Pastori e Ninfe.
di Venti con Eolo.
· Morasto (soprano/ castrato)
· Elpina, ninfa di Sciro (contralto)
· Narete, pastor di Sciro, padre di Licori e d'Elpina (tenore)
· Osmino (contralto/ castrato)
· Oralto, corsaro e signor di Nasso, isola dell'Egeo (basso)
· Giunone (contralto)
· Eolo (basso)
· Accompagnamenti e comparse:
di Corsari con Oralto.
di Pastori e Ninfe.
di Venti con Eolo.
Primi interpreti
I primi interpreti nella rappresentazione del 6 gennaio 1732 furono:
·
Maria
Giovanna Gasperini (soprano) nel ruolo della ninfa Licori
·
Giuseppe
Valentini (castrato)
nel ruolo di Morasto
·
Gerolama
Madonia (contralto) nel ruolo di Elpina
·
Ottavio
Sinalco (tenore) nel ruolo di Narete
·
Stefano Pasi
(castrato) nel ruolo di Osmino (Tirsi)
·
Francesco
Venturini (basso) nel ruolo di Oralto
L'Aria di Morasto "Dite ohimè" è tratta dall' atto 3 scena 10.
Nella prima
rappresentazione avvenuta al teatro filarmonico di Verona il 6 gennaio 1732 fu
eseguita dal castrato Giuseppe Valentini.
La struttura
metrica della seguente aria è composta da quattro versi di ottonari con
clausola piana nel primo e nel terzo verso e clausola tronca nel secondo e nel
quarto. Le rime sono alternate (ABAB).
“Dite, ohimè, ditelo al fine:
deggio viver o morir?
Sta mia vita in sul confine,
pronta è già l'alma ad uscir.”
deggio viver o morir?
Sta mia vita in sul confine,
pronta è già l'alma ad uscir.”
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